DA BOBBIO A SANTIAGO DE COMPOSTELA, A PIEDI E CON IL VOTO DEL SILENZIO.
72 giorni camminando in silenzio da Bobbio, ovvero dalla Valtrebbia e gli appennini piacentini fino a Santiago De Compostela: 2089 chilometri per arrivare di fronte alla sua maestosa cattedrale.
È la fine di un viaggio che, non dimentichiamolo mai, è innanzitutto un pellegrinaggio e come tale, da credenti o meno, bisogna approcciarsi. Da qualunque punto inizi questo cammino, si parte turisti, a volte viaggiatori, e si giunge comunque pellegrini. È un cammino che offre tante risposte, ma che prima di ogni cosa è in grado di mettere a nudo con le nostre domande più profonde e recondite.
Per quanto mi riguarda, posso dividere il mio percorso facilmente in due fasi: la prima, in solitaria e dove ho incontrato le difficoltà più grandi, ovvero dall’Italia fino ai Pirenei: all'incirca 1350 chilometri in 40 giorni. E poi la seconda, il famoso Cammino Francese, quello da Saint Jean Pied de Pord fino a Santiago stessa. Una seconda parte costellata di amicizie, condivisione, rispetto e spirito di fratellanza.
Quest’ultima parte è proprio l’esperienza che consiglio vivamente a tutti di fare almeno una volta nella vita. Percorrere un intero cammino di pellegrinaggio, che sia il cammino francese, o il portoghese, oppure ancora quello del nord, il primitivo. Tuttavia, quando lo percorrerete, vi prego, non tornate convinti di aver conseguito la laurea in viaggiologia. Non sapete infatti quante cose ho sentito in queste settimane da chi, avendo percorso il cammino, si sente di dare consigli a chiunque: dallo zaino, alle scarpe, dalle scelte sui voti - come il mio per esempio in silenzio- ai luoghi dove fermarsi e quelli da evitare... Tornate con la lezione più grande: l’umiltà. Non esiste un cammino migliore di un altro, ogni cammino è personale e ogni scelta, se ponderata e consapevole, saprà donarvi un'esperienza difficile da replicare. Io ci sono arrivato dopo il mio giro del mondo, fatto di quasi 3 anni lontano da casa. Non ve lo nego, a tante domande e conclusioni vi ero già giunto, ma il Cammino è riuscito ad offrirmi nuova e rinvigorita consapevolezza. Come nella vita, non esistono scelte giuste o sbagliate in senso assolute: esistono solo quelle scelte che ci hanno portato qui oggi, a questa latitudine e longitudine del mondo.
Sono stati strani questi ultimi giorni in Galizia: gli ultimi 100 chilometri di questo straordinario cammino mi hanno mostrato un quadro naturale di una bellezza inaudita: la salita a O Cebreiro con i boschi intorno a me di tutti i colori possibili dell’autunno: dal rosso, all’arancione, dall’ocra al giallo intenso. Sembrava a tratti un quadro impressionista. Nel frattempo i chilometri che, come in un conto alla rovescia, non sono mai passati così velocemente. Lo zaino che ora é davvero leggero, mentre la testa, invece, piena di pensieri e il cuore via via sempre più colmo di gioia.
Di fronte alla cattedrale è anche terminato dopo 72 giorni il mio voto di silenzio: una scelta appunto tanto criticata perché, sostenevano, mi avrebbe fatto perdere la parte più bella del cammino, ovvero la condivisione; sottovalutando tuttavia come la parola non sia altro che una delle tante forme di comunicazione e che in silenzio, se ci si pone davvero all’ascolto delle persone, si può arrivare anche ad una condivisione maggiore e più profonda. La comunicazione è fatta di gesti, di sguardi e soprattutto di ascolto. Proprio per questa ragione avevo scelto la via del silenzio: perché la gente ha smesso di ascoltare. Gli altri prima di tutto, ma anche il mondo, la natura, se stessi. Si vogliono prevaricare le altre persone con le proprie opinioni, parlando, alle volte anche urlando, senza preoccuparci minimamente di quello che pensa il nostro interlocutore: ciò che conta siamo solo noi in una visione totalmente egocentrica.
In questi 72 giorni ho capito innanzitutto che la situazione è ben più grave di quello che immaginavo, non solo non si ascolta, ma nemmeno si prende in considerazione chi si ha di fronte. Ognuno pensa di avere la propria verità in tasca e non pensa minimamente all'opinione altrui, alle diverse esperienze che hanno portato un individuo a trovarsi qui ora di fronte a noi. Non si pensa ai piedi che hanno compiuto quei passi. Inoltre ho compreso molto banalmente che in silenzio sto bene, sarei riuscito a stare altri mesi in questa condizione, senza alcun problema. Credo di essere riuscito nel mio intento più grande ovvero riuscire a tornare ad ascoltare: me stesso, la natura, le altre persone e anche il silenzio dei miei passi.
Ho imparato che in mondo dove oggi ognuno cerca di fare più chiasso possibile per mostrarsi ed apparire in realtà si può fare molto più rumore restando zitti...
Lo so, vi state chiedendo quali siano state le prime parole dette dopo due mesi di silenzio... Sono sincero, hanno stupito anche me. Avevo preparato discorsi epici ma poi, quando mi sono inginocchiato di fronte alla cattedrale ha prevalso la commozione e la gratitudine. Verso me stesso e verso glialtri, verso il mondo, l'universo e anche verso chi mi ha protetto. Lasciatemi il tempo di consolidare queste emozioni e vi prometto che vi racconteroò queste prime parole nel libro che sto ultimando di scrivere e che spero presto sia disponibile per tutti voi.
Il titolo nel frattempo è già deciso, si intitolerà "Il Silenzio Dei Miei Passi"