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A piedi tra Guatemala e Chiapas - In viaggio verso il confine

12 luglio 2018

Viaggiare liberi in Guatemala può essere molto impegnativo rispetto a qualsiasi altra parte del Sud e Centro America. Prelevare dei soldi qui è un dramma come mai avevamo visto prima d’ora: le nostre carte funzionano su un bancomat su venti e le commissioni per noi “stranieri” sono una vera rapina! Inoltre la conformazione geografica, ricca di foreste nate sopra antichi vulcani nascosti, rende spesso le strade impraticabili e al limite della percorribilità.

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Le agenzie che si occupano di Tour propongono i soliti, banali itinerari che si possono trovare ovunque: li evitiamo del tutto, assaporando un po di novità perdendoci per la nostra strada. Come al solito, ci affidiamo al contatto diretto delle persone per ricevere un aiuto sincero.

Prepariamo i nostri zaini dopo una bella tazza di cacao caldo, calcolando al millimetro i tempi e preventivando tutti i possibili imprevisti come scioperi, piene e trasporti irregolari.

Fuori dal finestrino del nostro Mitsubishi, la povertà si manifesta nelle scomode infrastrutture locali. I comodi collegamenti tra i pochi grandi fiumi che attraversano questa nazione selvaggia sono lontani quanto il pensiero occidentale, che qui svanisce sotto un traffico automobilistico sfruttato per pressare e riciclare l’alluminio delle lattine vicino ai dossi. Questi vengono usati “anche” per rallentare la velocità di alcune auto senza regole né rispetto per la vita altrui: il sistema è tanto efficace al punto che molte famiglie sfruttano questo espediente come mezzo gratuito di autosostentamento.

Il viaggio prosegue con la telecronaca a tutto volume di una partita locale che colora sorrisi e discussioni all’interno del pulmino. Nel frattempo, l’aria torrida entra senza controllo dai finestrini assieme a grosse folate di polvere.

Tra gli scossoni del percorso e lo sguardo fisso dei curiosi che ci osservano come fossimo una specie di un altro pianeta, ne approfittiamo per controllare le mappe e leggere qualche libro.

In Guatemala i corsi d’acqua non sono molti ma sono numerose le chiatte che si occupano di far la spola tra un argine all’altro dei fiumi per trasportare autobus, motorini, carichi di riso, caffè, frutta e addirittura autobus di proporzioni bibliche.

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I tempi per aspettare il nostro turno sotto i trentacinque gradi del clima umido subtropicale sono eterni, ma alla fine riusciamo a ripartire. Di chilometro in chilometro, carichiamo e scarichiamo frotte di persone che salgono e scendono con polli, bambini, sacchi di provviste, scatoloni di ogni genere alimentare come fossero sfollati; gente felice, abituata all’abbandono che, con grande determinazione, vive con apparente spensieratezza la propria situazione.

Percorriamo oltre dieci ore stretti tra famiglie e occhi di bambini che sorridono pazienti, silenziosi e complici, ma già profondamente adulti. I più hanno al collo una sorellina più giovane: altro che badanti, la società Guatemalteca ha fatto di necessità virtù!

La strada continua a muoversi incostante sotto le nostre ruote, senza troppe curve ma con ripide pendenze. Il motore, scavato dal peso degli anni, inizia una tarantella di singhiozzi molto poco rassicuranti.

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I villaggi in cui ci fermiamo a fare benzina sono pochi e hanno tutti una piccola piazza principale dove si radunano i tuk tuk scassati della gente locale. Le persone qui si muovono tutte molto lentamente e hanno una gran voglia di parlare!

Ogni tipo di turismo fuori dai percorsi Lonley Planet è assente, come ci fosse un solco tra la realtà e i siti archeologici, divenuti oramai terra di conquista dei selfie. Il turismo qui in Guatemala si sta esplodendo velocemente, lanciando nella propria scia una società a due velocità: una improntata al turismo di massa che avanza in perfetto stile “Riviera Maya”, l’altra basata su un’agricoltura che non riesce a soddisfare le richieste di un mercato globale sempre più omogeneo e spietato verso la biodiversità e il folclore dei coltivatori locali.

Senza cinture e a velocità folli oltrepassiamo piccole alture di antichi vulcani sommersi dalla vegetazione e dopo 12 ore - di cui 3 passate fermi per una ruota bucata e una per un controllo al motore con mezzi di fortuna - arriviamo al confine tra Guatemala e Messico, approdando finalmente nel magico mondo del Chiapas!

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